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Posted by on Set 13, 2018 in Senza categoria |

PETROS ARCHE’ – GIORNATE ELLENICHE 2018 CREMONA

Si sono tenute dal 12 al 14 a Milano le “Giornate Elleniche 2018”, una tre giorni di studi e di spettacoli dedicati alla Grecia e alla sua cultura: letteraria, teatrale, cinematografica e pittorica.

Le “Giornate” milanesi sono state precedute da un prologo, altrettanto importante, che si è tenuto a Cremona, dedicato alla musica (antica e moderna), al poeta Dionisos Solomòs (che in questa città frequentò l’attuale Liceo Classico) e alla pittura (con una mostra del pittore Petros Papavassiliu, uno dei maggiori maestri greci del secondo Novecento).
Grazie alla collaborazione del Comune di Cremona e della Comunità Greca di Brescia e Cremona (attraverso il suo Presidente, Kostandinos Buzalis) è stato, così, possibile ampliare il raggio d’azione, rendendo “lombarda” un’iniziativa culturale che, altrimenti, sarebbe rimasta entro le mura della sola Milano. Ne è testimonianza il patrocinio ottenuto, oltre che dagli Enti sopra menzionati, anche dall’Università degli Studi di Bergamo.  Di ciò siamo particolarmente felici.


La mostra di Petros Archè è stata inaugurata giovedì 11 ottobre,  con introduzione alle opere a cura della critica d’arte Tiziana Cordani, la partecipazione del pianista compositore Roberto Binetti, che ha suonato le composizioni “Omaggio a Petros”, “Anabasis” e “Archè”,  dell’attrice Alessandra Salamida con letture di poesie di Ritsos ed Elytis e un intervento del Prof. Emilio Giazzi “Studi greci a Cremona”.  

 

Scarica il PROGRAMMA GIORNATE ELLENICHE 2018 Cremona -Milano

 

La pittura di Petros, fra filosofia, colori, forme e poesia

Introduzione alla mostra di Massimo Cazzulo

Un approccio “consapevole” con l’arte di Petros (Papavassiliou) determina due reazioni emotive: chi possiede solida cultura pittorica riconoscerà probabilmente in quelle figure teriomorfe, in quei grovigli di forme colorate che si aggrappano alla tela con la forza della loro matericità o in quelle figura a metà fra una statua antica e un “manichino metafisico” le suggestioni di Wilfredo Lam, di Roberto Matta, di Giorgio De Chirico (spesso alluso e/o citato anche nei titoli) e, forse, coglierà in controluce elementi riconducibili alle fantasie del fiammingo Jeronimus Bosh o, andando ancora più in là, troverà elementi in comune con il surrealismo ellenico di Nikos Engonòpulos (a sua volta influenzato da De Chirico).

Coloro, invece, che hanno una formazione prevalentemente filosofico-letteraria andranno subito con la mente alla pittura vascolare micenea, agli intrichi ittiomorfi che si avvinghiano sulla superficie dei vasi e delle coppe. Ma soprattutto individueranno fin dai primi sguardi i profondi richiami e le reiterate allusioni alla filosofia e al mito antico.

Entrambe le impressioni sono corrette e colgono le due componenti di una dialettica che percorre l’intera produzione di Petros, al di là delle trasformazioni superficiali e delle evoluzioni tecniche che hanno accompagnato una carriera lunga e sempre in cerca di nuove forme di espressione.

L’arte di Petros si fonda, infatti, su un dialogo ininterrotto con la cultura greca e in modo particolare con la sua dimensione mitologica e filosofica.

D’altro canto, Mythos e Logos sono i poli che per secoli hanno determinato l’orbita della civiltà greca. Non due momenti storicamente distinti e corrispondenti ad una fase “ingenua” alla quale subentrò via via una visione laica e scientifica della realtà, ma due momenti sempre legati fra loro, perché destinati a due rappresentazioni della realtà diverse ma complementari: l’una per immagini, l’altra per concetti.

Anche nella pittura di Petros i due momenti sono perfettamente fusi. Lo testimoniano sia i titoli dei cicli e delle singole opere sia la presenza all’interno dei quadri di citazioni verbali dai maggiori filosofi o poeti greci: dai Presocratici a Platone ed Aristotele, da Esiodo a Saffo e a Pindaro, fino ai moderni Ritsos ed Elytis, due poeti che, non a caso, hanno a loro volta “dialogato” con l’arte di Petros, scrivendo poesie di accompagnamento ai suoi quadri o dandogli materia per l’ispirazione figurativa.

Petros mostra un interesse particolare per la filosofia: si comincia con “Presocratici” (anni ’80): il tema di fondo è la continua metamorfosi, l’impercettibile ma incessante trasformazione che conduce tutti gli esseri viventi dalla vita alla morte. L’opera emblematica è l’eraclitea “Panta rei”, monito eterno a non considerare nulla come definitivo, e a riconoscere che la mutazione è il principio cosmico al quale tutto si adegua; ma in questi quadri c’è anche la filosofia di Parmenide, con la dialettica essere/non essere, che possiamo anche leggere come l’eterna dialettica vita/morte.

Troviamo poi il ciclo di Entelechia (anni 2000) il cui titolo allude ad uno dei termini più importanti della filosofia aristotelica l’ ἐντελέχεια: tutte le creature viventi sono cioè un insieme (sinolo) di materia e di forma, ma mentre la materia è “potenza”, la forma è “entelechia” cioè “atto. Così, l’anima è “entelechia” di un corpo che ha la vita in potenza. Con ciò – e forse questo non è senza influsso sulla successione cronologica dei due cicli pittorici – Aristotele unificava il dualismo platonico anima-corpo (entità inconciliabili), e il principio presocratico che identificava la “ψυχή” con un principio fisico, intrinsecamente unita al corpo.

Fra i quadri di questo ciclo, merita, secondo me, una particolare attenzione “I poeti”, soprattutto per il cartiglio che leggiamo sopra le figure: “ο ποιητής κρατάει το κλειδί της ευτυχίας” (“il poeta tiene le chiavi della felicità”): il connubio disegno-parola, caro anche ai surrealisti, sottolinea, io credo, la fiducia di Petros nell’indissolubile legame che unisce poesia e pittura e che egli stesso sperimenta sia quando, lasciati i colori e i pennelli, si dedica a scrivere versi sia quando collabora con alcuni poeti per “completare” le sue mostre. Come scrisse Vanni Scheiwiller “la poesia in Petros viene prima di ogni tecnica e di ogni mestiere: è pittore dell’interiorità, della visceralità del mondo, come aveva vaticinato un poeta a lui sodale, Ghiannis Ritsos, nella poesia “Pittura” dedicata all’arte di Petros: L’arte della pittura/ è/ una finestra aperta sull’interiorità de mondo”.

Seguono, in ordine di tempo, “Omaggio a De Chirico” (2005), “Le Cariatidi” (2009-10) – un viaggio nella Grecia attraverso uno dei grandi simboli della sua architettura -, le “Le radici celesti” (2013-14), ciclo che ci porta direttamente a contatto col mondo platonico, come esplicitamente dichiarato dalla citazione dal Timeo: “Poiché noi siamo piante celesti, non terrestri e le radici della nostra testa affondano lassù da dove l’anima ha tratto la prima generazione…”.

Accanto alla filosofia c’è la poesia. Non si tratta solo di citazionismo o di reminiscenze. C’è qualcosa di più profondo; si avverte la ricerca del punto in cui la parola e la forma/colore s’incontrano per esprimere una realtà nuova. Il pittore e il poeta ricercano la verità profonda dietro la verità di convenzione: è quella che Odysseas Elytis chiama “la mandorla del mondo”, e che dice essere “nascosta in profondità, intatta al morso”; è il tuffo nella “trasparenza” che, partendo da una reminiscenza platonica (sineddoche della tradizione culturale greca), ti porta a contatto con una realtà inattesa che purifica la memoria (Elytis, “Delos”);  ma è anche, la “Finestra”, dalla quale Elytis vede la “Quinta stagione” che sublima le altre quattro, fisiche, e attraverso la quale Ghiannis Ritsos guarda ciò che si muove dietro il mondo reale.

Proprio Ritsos gli dedicò anche una poesia che è al tempo stesso un riconoscimento del ruolo di Petros nella pittura greca e un inno alla sua arte:

L’arte della pittura / è / una finestra aperta / sull’interiorità del mondo / Il grande bianco / il grande nero / si dissolvono reciprocamente, / si compongono / in un crepuscolo grigio / o in un’aurora / cancellando la superbia / dei colori esibizionisti / in una riflessiva unità / di uomini e di cose. / / E questa prima mela / abbandonata / su un letto di ferro / è una mano femminile, / rosata e pallida, / lievemente stretta – / tiene qualcosa / forse una chiave / o un chiodo / o una carezza. / / Naturalmente ci appartiene. / Amore e lotta” (Atene, 12-12-1980: trad. N. Crocetti).

       Ritsos ed Elytis, due dei maggiori poeti del Novecento europeo hanno visto nella pittura di Petros un’estensione della loro idea di poesia e di realtà; una proiezione nei territori dove le leggi della materia destinata a perire sono sostituite da quelle di un’antimateria che non conosce la morte o la corruzione (Elytis) o una rappresentazione delle paure e delle speranze che si depositano nell’inconscio, creando sogni e incubi (Ritsos).

Il desiderio di abbattere il diaframma che ci impedisce di vedere la dimensione onirica dell’esistenza; la determinazione a ricostruire la realtà secondo le leggi dell’inconscio è stata coniugata dai surrealisti greci con l’esigenza di rispettare la loro tradizione culturale. Secondo Elitis, anzi, fu proprio il Surrealismo a permettere a lui e alla sua generazione (ancora un punto di riferimento per il panorama poetico greco) di vedere per la prima volta “il vero volto della Grecia”, sommerso dagli orpelli del razionalismo occidentale di stampo cartesiano. Aderire al Surrealismo significava, pertanto, andare alla ricerca della vera Grecia, non di quella costruita a tavolino dagli studiosi; significava, per usare una sua bellissima immagine “tuffarsi nella trasparenza”.

Il giorno 20 ottobre ci sarà  Cremona una seconda inaugurazione con concerto del Maestro Roberto Binetti.

Contiamo di avervi fa il pubblico

Un cordiale saluto

Il Presidente
Massimo Cazzulo

Opere esposte e videointervista TC Cremona 1 Ore Dodici del 10 ottobre 2018